Nei primi del ‘900, le principali cause di morte erano le malattie infettive: influenza, tubercolosi e varie affezioni del tratto gastrointestinale, come il colera.
Grazie ai vaccini e ad altre misure prese a tutela della salute pubblica, si può affermare che l’incidenza di queste patologie sia, oggi, estremamente ridotta nel mondo occidentale.
Tutto ciò ha portato, da una parte, a una diminuzione della mortalità (soprattutto infantile) e, dall’altra, ad un generale allungamento della vita.
Se all’inizio del secolo scorso, l’aspettativa di vita media non superava i 35/40 anni, oggi si può tranquillamente vivere fino ad 80 anni.
Dati epidemiologici evidenziano come, dal 1900 al 2010, il focus si sia spostato sulle cosiddette malattie croniche, che comprendono malattie cardiovascolari (infarto, ictus), svariate patologie come il diabete (dovuto al regime alimentare dei paesi occidentali moderni) e, secondo solo alle malattie cardiache, il cancro.
Il tasso di mortalità correlato ai tumori è salito alle stelle.
QUESTIONE DI EVOLUZIONE. Molti studi hanno dimostrato che il cancro, o neoplasia, sia “il prezzo da pagare” per esserci evoluti oltre lo stadio di protozoi. Sì, perché la storia dei tumori inizia dal primissimo organismo unicellulare, formatosi circa 800 milioni di anni fa.
Questi organismi, anche detti procarioti, sono così chiamati in quanto ogni cellula rappresenta una forma di vita a sé stante. Ogni volta che un organismo del genere deve replicarsi, semplicemente si divide in due cellule distinte e separate, due creature indipendenti.
Negli organismi multicellulari, come piante e animali, questo procedimento è di gran lunga più complicato: c’è bisogno di un modo per organizzare e coordinare tutte le cellule tra loro.
Se ci riferiamo al corpo umano, stiamo parlando di 37.200 miliardi di cellule.
E’ quindi di vitale importanza che ogni singola cellula sia in grado di fare quello per cui è stata programmata al momento giusto, compresa la divisione.
Questa, infatti, non può avvenire in modo arbitrario, continuato e per tutte le cellule (alcune, come i neuroni, non si dividono mai dopo aver raggiunto lo stadio maturo).
Gli organismi unicellulari, ri-assemblandosi in più cellule, si sono evoluti, nel corso dei millenni, in organismi pluricellulari, dotandosi di complessi e sofisticati meccanismi di difesa dagli “errori” di replicazione del genoma, per poterlo preservare attraverso le generazioni e per tenere sotto controllo la moltiplicazione di un così elevato numero di cellule.
TUMORIGENESI. Oggi sappiamo che una replicazione incontrollata può essere estremamente pericolosa per qualsiasi organismo.
E c’è proprio questo meccanismo alla base della genesi del tumore. Non solo: parallelamente, la cellula perde a poco a poco sia la sua forma originale sia ogni funzione per cui era stata originariamente programmata. Difatti, subisce una deprogrammazione.
Questa condizione è detta anaplasia: la capacità proliferativa delle cellule diventa inversamente proporzionale al loro grado di differenziazione.
La cellula neoplastica non soltanto si divide in maniera incontrollata e anomala, ma progressivamente regredisce a uno stadio sempre più indifferenziato, recupera il potenziale di replicazione illimitato (tipico delle cellule poco differenziate) e non funziona più all’interno del tessuto in cui si trova.
Avendo una capacità replicativa superiore a tutte le altre cellule, a poco a poco l’ammasso anaplastico colonizza il tessuto sano e lo inattiva.
Successivamente, la massa invade l’organo in cui è avvenuta la trasformazione tumorale, fino a diffondere in altri distretti dell’organismo, creando le famigerate metastasi. A quel punto, trattare la malattia diventa molto difficile ed è quasi impossibile fermarne l’avanzata.
QUALI MUTAZIONI? Se è vero che avere una predisposizione genetica ereditaria pone alcuni individui a rischio di sviluppare la malattia, la maggior parte delle neoplasie, in realtà, scaturiscono da mutazioni casuali, avvenute nelle cellule somatiche durante il corso della vita.
Queste alterazioni potenzialmente patogene, derivano da errori nel meccanismo di replicazione del DNA.
Le cellule si replicano per moltissime ragioni: dalla rigenerazione tissutale ai normali processi di replicazione dei gameti, e comunque il meccanismo è essenziale per mantenere qualsiasi organismo in salute e in funzione.
Ogni cromosoma è formato da milioni di basi di DNA per un totale di circa 6 miliardi di nucleotidi. Vista l’enorme mole di informazioni, è inevitabile che si verifichino errori di “copiatura”.
Le cellule che si dividono vanno incontro ad un processo chiamato ciclo cellulare, strettamente controllato da una serie di meccanismi a feedback che servono, in ultima istanza, a eliminare le cellule irregolari attraverso un programma di apoptosi.
Tuttavia, le cellule tumorali si “evolvono” per poter sfuggire a questi controlli, continuando a replicare il loro DNA mutato e potenzialmente pericoloso.
E QUALI GENI? Non tutte le mutazioni in tutti i geni sono in grado di causare trasformazioni neoplastiche. In generale, esistono due classi di geni che, se mutati, possono portare allo sviluppo tumorale: oncogeni e oncosoppressori.
Gli oncogeni, che possono essere virali o cellulari, se espressi in eccesso, promuovono l’insorgenza del tumore (in condizioni normali, la loro espressione è poca o nulla). Il contenuto informativo degli oncogeni riguarda il controllo della proliferazione cellulare e la codifica di fattori di controllo della proliferazione.
Ad esempio, il gene RAS, che codifica per l’omonima proteina, è stato trovato mutato nel 25% dei tumori studiati.
La proteina Ras fornisce fattori di crescita alla cellula: in condizioni normali, la sua attivazione è soggetta ad un rigoroso controllo, per evitare che vengano inviati di continuo segnali che promuovano accrescimenti anomali.
RAS, se mutato, porta quindi a proliferazione cellulare incontrollata.
Gli oncosoppressori, invece, sono geni che codificano per proteine la cui funziona è quella opposta, ovvero bloccare la proliferazione cellulare.
Se questi geni si inattivano quando non devono, la divisione può andare avanti in maniera incontrollata.
Un ruolo centrale è svolto dal gene TP53. Codifica per la proteina tumorale 53, semplicemente conosciuta come P53, un fattore di trascrizione che regola il ciclo cellulare e ricopre la funzione di soppressore tumorale.
La sua funzione è particolarmente importante negli organismi pluricellulari per sopprimere i tumori nascenti.
La P53 è stata descritta come “il guardiano del genoma” riferendosi al suo ruolo di preservazione della stabilità attraverso la prevenzione delle mutazioni.
Il gene TP53 risulta essere mutato nel 50% dei tumori umani.
PROCESSO MULTISTEP. Considerando che la replicazione del DNA è un processo che si ripete tantissime volte (10 alla quarta cellule si dividono per varie decadi di vita) si può affermare che si verifichino mutazioni nel nostro genoma continuamente. In base a ciò, se ogni mutazione singola fosse in grado di causare il cancro, la sua incidenza sarebbe di gran lunga superiore.
Questo perché una sola mutazione non basta ad innescare una vera e propria trasformazione tumorale, per questo il tumore viene spesso definito come processo multistep. Consiste in una serie di cambiamenti che portano alla trasformazione di una cellula normale in tumorale:
1) Autosufficienza rispetto ai segnali di crescita (la cellula cancerosa cresce anche in loro assenza)
2) Insensibilità ai segnali anti-crescita (analogamente, la cellula non risponde più ai segnali che ne bloccano la replicazione)
3) Capacità di evadere l’apoptosi (la cellula mutata riesce a sfuggire ai meccanismi di controllo che altrimenti la eliminerebbero)
4) Acquisizione di potenziale replicativo illimitato
5) Angiogenesi (creazione di un sistema di vasi sanguigni per il “nutrimento” delle cellule neoplastiche)
6) Capacità di invadere altri tessuti e metastatizzare.
Saper identificare in tempo le neoplasie è estremamente importante.
Sono stati fatti molti progressi nella lotta contro il cancro dall’inizio degli anni ‘90 ad oggi, primo fra tutti l’introduzione di avanzati metodi di diagnosi precoce.
Essere in grado di scoprire un cancro prima che si diffonda in tutto il corpo è, ad oggi, l’unica strategia vincente contro questa temibile malattia.
Attraverso le terapie tradizionali (radiazioni, chemioterapia e interventi chirurgici) è spesso possibile eleminare le cellule cancerose che ancora non hanno accumulato troppe mutazioni.
In alcuni casi, i pazienti possono persino beneficiare di una completa guarigione.
Si calcola che la maggior parte degli individui accumulino centinaia di cellule pre-maligne prima dei 40 anni, fortunatamente la maggior parte vengono distrutte o inattivate dalle nostre naturali difese anti-cancro.
LA DOPPIA FACCIA DELLE MUTAZIONI. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che se il processo di replicazione del DNA (o più precisamente, RNA) fosse stato esente da errori sin dalla comparsa sulla Terra delle prime proto-cellule, non saremmo mai progrediti oltre la primissima forma di vita mai esistita: l’organismo unicellulare di cui abbiamo parlato all’inizio.
Se è vero che siamo costretti a combattere gli effetti delle mutazioni deleterie per tutta la vita, su larga scala, tuttavia, esse sono essenziali per il futuro della nostra specie (e di ogni specie vivente).
Ogni singolo passo nella nostra evoluzione, dallo sviluppo della colonna vertebrale, alla posizione eretta, alla crescita del nostro cervello, si è verificato sempre grazie a mutazioni casuali.
sources:
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